Attrezzatura

Non che i nostri coltelli, padelle o attrezzi non siano più che adatti per preparare i cibi giapponesi, anzi.
Però accade, raramente ma accade, che alcune ricette siano semplicemnete impossibili da preparare se non si ha l'attrezzo giusto.

Ecco i più importanti di tutti, o almeno quelli su cui ho qualcosa da dire.

 

 

 

 

Lo Wok

Cosa c'è da dire sullo wok?
Basta andare in supermercato appena decente comperarne uno e usarlo.

Poi però stranamente il cibo si attacca anche buttando fiumi d'olio, alla faccia del poco condimento.

Il problema di fondo è che spesso quello che viene venduto per wok non è affatto uno wok.

NOTA inserirò tra parentesi le traduzioni dei termini in inglese semmai voleste cercare informazioni o fare acquisti on-line. Stranamente le migliori e più numerose offerte e informazioni provengono da siti e venditori inglesi.

Lo WOK, quello vero, nasce come padella dalla superficie sferica (per amore di geometria un settore sferico) ottenuta per martellatura di una lastra di acciaio (carbon steel) o per fusione di ghisa (cast iron).

Solo più tardi, per comodità di uso sui fornelli moderni, se ne è appiattita la base.

Può avere un manico o un manico e una maniglia o due maniglie, ed ha un diametro alla bocca variabile dai 25 ai 36 cm.
Ma non è questo che incide sul suo funzionamento.

Quello che conta è la forma ed altezza delle sponde, che deve rimanere curva a richiamare la forma sferica.
Conseguentemente il fondo piatto avrà un diamerto piccolo, circa un terzo della larghezza della bocca: uno wok di 30 cm alla bocca ha un fondo di 12 cm, ossia quanto un CD/DVD.

Questa forma ha due vantaggi: fa scivolare verso il basso le pietanze durante la cottura, e fa si che con poco olio si raggiunga un livello alto nella padella.

Inoltre il materiale usato trasmette molto calore ai cibi (la ghisa perchè spessa si scalda e mantiene un flusso costante di calore, l'acciaio perchè sottile pone quasi a diretto contatto fiamma e pietanze) fa si si ottenga un economico strumento di cottura.

Lo wok è "antiaderente" non perchè abbia un rivestimento specifico, ma perchè al primo utilizzo va condizionato o stagionato (seasonig) procedimento delicato e francamente inquietante di cui parlo poco più avanti.

Tutto il resto spesso spacciato per wok, non lo è.

Il saltapasta
Ottima padella per "spadellare" pasta e altro, ha una forma fatta proprio per questo, ma non è un vero wok seppure spesso viene venduta come tale.
La sua superfiche non è sferica ma torica (come una ciambella tagliata a metà in orizzontale) e i bordi non sono sempre altissimi e nel tratto terminale tendono a salire in verticale.

Per questo il fondo è abbastanza largo, più della metà della bocca e per raggiungere un alto livello di liquido all'interno se ne deve versare un bel po'.

Lo wok antiaderente
Come dicevamo il "vero" wok è "antiaderente" perchè al primo utilizzo va condizionato o stagionato (seasonig).
Spesso invece troviamo wok di forma corretta ma rivestiti con uno con strato antiaderente (non stick) sia esso di nero teflon o di bianca ceramica, come nelle padelle "comuni".

Negli wok in acciaio però lo spessore sottile della padella fa si che la fiamma sia troppo diretta, e rovini rapidamente lo strato antiaderente fino a rigonfiarlo e staccarlo nei prodotti di minore qualità.

Lo woc in ghisa
Ha solitamente una superficie antiaderente, anche perchè non so se sia possibile fare la procedura di condizionamento alla ghisa, con tutti i dubbi sulla salubrità dei trattamenti antiaderenti...

Solitamente più costosi di quelli in acciaio, dopo averne avuti diversi tipi (antiaderenti e non) che hanno funzionato anche al lungo ho deciso di comperarne uno e... non lo lascio più!

Condizionare uno wok in acciaio (seasoning a carbon steel wok)

Potrete trovare descrizioni più precise e scenografiche cercando "wok seasonig" o "season a wok" su youtube.
Tenendo presente che ci sono diversi esempi, alcune MOLTO IMPRESSIONANTI, in qualche caso sono poco verosimili o palesemente sbagliati.

Troverete procedure definite "tradizionali" e altre "professionali" ma usate sempre il buon senso.

Vi anticipo solo questo.
Uno wok in acciaio nasce di colore acciaio (grigio lucido) mentre nell'accezione comune il colore dello wok è... NERO.
E non perchè nell'antica Cina avessero già inventato il Teflon, ma perchè è il colore che gli viene dall'unione della procedura di condizionamento e dell'uso quotidiano.

Il principio base comunque è che la procedura mira nell'ordine a:

Vi propongo una sintesi di quanto potrete trovare.

1. In genere si inizia con il lavare lo wok per rimuovere il grasso superficiale applicato come protezione dall'ossidazione, basta usare una normale spugna non abrasiva e del sapone per piatti.

Se invece il metallo è stato rivestito con una vernice vera e propria, difficilmente sarà adatta alla cottura, e comunque va rimossa prima del condizionamento vero e proprio.
In questo caso il lavaggio sarà ben più energico. Ho visto tutorial che usano sapone e spugnetta in acciaio per graffiare via la vernice, ma sono piuttosto perplesso.

In ogni caso lavare bene sia all'interno che all'esterno.

 

Ho trovato anche indicazioni per un modo meno cruento: bollire nel wok acqua e bicarbonato di sodio.
Non so quanto funzioni, sicuramente non per l'esterno.

Quindi si asciuga per bene.

2. Si mette lo wok sul fuoco a fiamma alta per farlo riscaldare fino a che cambia colore.
In genere diventa bluastro con una bordo di transizione giallastro.

Il riscaldamento deve interessare l'intera superficie, arrivando a bruciare in qualche caso i residui di vernice protettiva.
Deve essere reso rovente, così caldo cioè da far evaporare al contatto gocce d'acqua spruzzate.

3. Viene versato olio di semi (spesso di arachidi) fino ad ungere l'intera padella.
Con grossa produzione di schizzi bollenti.
A questo punto alcuni tutorial terminano fornendo uno wok non ancora nero, ma pronto alla prima cottura, fermo restando che diverrà nero via via che lo si usa.


Alcuni tutorial mostrano che l'olio viene versato a "mestolate" altri per evitare schizzi semplicemente lo spennellano usandone una quantità molto inferiore.
Altri addirittura ungono interno ed esterno dello wok dopo la pulitura ed asciugatura, per poi metterlo capovolto in forno a 200° per una ventina di minuti.
Ovviamente se i manici non si smontano vanno protetti avvolgendoli con uno straccio e dell'alluminio.

4. La prima cottura è parte integrante della procedura, tanto che le verdure usate vanno poi buttate.
Si versa olio di semi e vi si buttano fettine di zenzero e pezzi di scalogno.
Si fa scaldare il tutto a fuoco alto fino che lìolio non inizia a soffriggere e poi si abbassa il fuoco a metà circa e si fanno cuocere le verdure strisciandole su fondo e bordi con una spatola, per 15 - 20 minuti.
Dopodichè si spegne il fuoco, si fa freddare lo wok e lo si lava con acqua calda e spugna non abrasiva ma senza sapone.

In alcuni casi la prima cottura viene sostituita con il semplice strofinamento di olio nella padella con un pezzo di carta da cucina lontano dalla fiammoa per poi rimetterlo sul fuoco altri dieci minuti.
Tolto dal fuoco si strofina ancora con olio e si rimette sul fuoco continuando così fino a che la carta non si macchia più di nero.

Il risultato finale è mediamente il seguente, e diverrà via via più scuro con l'uso successivo.

 

Ho visto (MA LO SCONSIGLIO) metodi cruenti che bruciano a morte lo wok per poi gettare olio da far brucirae a fiamma alta fino a che non è carbonizzato.
Figuratevi la puzza.
Quello che ottenete è qualcosa di orrendamente simili alla seguente immagine. Che è poi di una fase iniziale.

Pulizia

Lo wok antiaderente si lava come ogni padella antiaderente, riferitevi alle istruzioni.

Lo wok in acciao condizionato, invece NON si lava MAI con il sapone ne in lavastoviglie.

Va prima pulito con acqua calda e strofinato con una spazzola per pentole o spugna non abrasiva (anzi preferibilmente andrebbe riempito di acqua appena finito di cucinare)
Poi lo si pone sul fuoco medio e si riscalda fino a competa asciugatura.
Quindi si spegne fuoco e si strofina con sale fino e poco olio.
Sciaquatina finale.

La padella per Takoyaki

Si tratta di un oggetto ancora oggi non facilissimo da trovare, almeno non a prezzi economicissimi.

E' in fondo una padella antiaderente con cavità semisferiche sul fondo, indispensabile per realizzare i gustosissimi takoyaki.

Non so se esistono negozi che la vendono in Italia (forse nelle gandi città) ma sul web sono abbatanza diffuse in varie versioni anche da colossi della vendita on line.

Se ne trovano varie tipologie, fome e materiali, spesso di importazione ma anche da paesi comunitari o dall'Italia.
Le spese di spedizione possono incidere nelle spedizioni internazionali più per il peso che per le dimensioni.

Cercando takoyaki pan o solo takoyaki troviamo tre tipologie principali di padella.

In ghisa

La classica con trattamento antiaderente e manico in legno, che però pesa così tanto da far si che il costo di spedizione sia quasi doppio di quello della padella.

Per contenere i costi solitamente non è grandissima, quindi permette di fare pochi takoyaki alla volta, 12.

In alluminio

La prima che ho comperato.

L'ho scelta perchè era la più economica, anche in termini di spese di spedizione, e provenendo da Seoul il "rischio" era accettabile.Ad arrivare ci ha messo quasi due mesi, ma alla fine è arrivata, perfetta e funzionate.

Unico difetto, non da poco, non è stabilissima sul fornello per via del fondo irregolare.
La mancanza di un manico in legno completa la difficoltà di potrela spostare in caso di "emergenza" con forte rischio di scottature.

Elettrica

Questa è stata la prima takoyakiera elettrica che ho preso con molto scetticismo, ma le volevo provare.

Quando la si cerca on line si deve fare estrema attenzione a scegliere un modello funzionate a 220V.

Infatti solitamente è prodotta in Giappone, dove l'elettricità è a 110V, ma ovviamente anche in altri paesi quindi occhio alla descrizione percè altrimenti si dovrebbe acquistare un trasformatore 220V-110V che per una potenza di 650W costa il triplo della padella.

Come è andata la prova?

Oltre le migliori aspettative. cuoce come la padella, forse meglio non dovendo più preoccuparmi di regolare la fiamma o di scottarmi, dato che ha anche un regolatore automatico di temperatura.

Le cavità sono più piccole, 4 cm esatti, e finalmente mangio takogliaki e non mandarini.
Poi posso cucinare sul tavolo o sul balcone in estate, magari anche metre si cena, e non devo più stare in piedi sui fornelli; può cuocere 18 takoyaki alla volta conto i 16 della padella.

Il piatto di cottura però è fisso, e lavarla richiede un pochino di attenzione.

 

 

Recentemente se ne sono diffusi tantissimi modelli, rettangolari a 24 fori, mignon a due fori, con termostato o con piastra staccabile e sostituibile ecc.

Ce ne è anche una versione "automatica" (e costosa) che gira i takoyaki da sola. Il meccanismo però ruba spazio al centro e possono essere fatti solo 12 takoyaki alla volta.

E poi c'è lei, professionale, anche nel prezzo.

Le dimensioni (15x26x44cm) fanno lievitare i costi di spedizione e solitamente la si trova a 160-170€.

Ma ha 21 fori, un termostato e una potenza di 2000W.
E il vassoio di cottura in alluminio antiaderente è poggiato sulla cassa in acciao inox, quindi si lava che è un piacere. E se si rovina si trovano ricambi.

Alla fine me la sono regalata per Natale.

 

NOTA
TUTTE le "elettriche" hanno un difetto: il calore non è mai omogeneo dato che dipende dal tracciato della resistenza sottostante.
Alcuni fori cuociono più in fretta altri meno. E ogni modello va "mappato" per capire dove cuoce di più o di meno.

Però a onor del vero anche la padella aveva questo difettuccio, a secondo di come la poggiavi sul fuoco, e anzi cambiava ogni volta a secondo della posizione sul fornello.

 

La padella per Tamagoyaki

Anche questa è introvabile in Italia, e anche le offerte internazionali (dal Giappone, e poche dalla Germania) sono relativamente poche.
Però è piccola e leggera, quindi i costi di spedizione incidono poco rispetto al costo. La Germania invece ha costi di spedizione a volte più alti dell'Italia.

Ad ogni modo è una padella originariamente quadrata o rettangolare realizzata piegando a spigoli vivi un foglio di rame.
Oggi se ne trovano varie versioni, le più comuni quelle che vi mostro.
Lla prima in metallo antiaderente spesso come le nostre padelle, la seconda sempre antiaderente ma più economica con spessore del metallo visibilmente più sottile.
Le misure si aggirano intono ai 12x17 cm, ma ne sono presenti di più grandi, anche se di poco.

Va bene che queste hanno una forma che facilita la lavorazione della tipica tamagoyaki, ma in fondo una frittata è una frittata per cui nulla vieta di usare le nostre padelle rotonde: avremo una risultato finale con i bordi appuntiti, basterà tagliarli...

Coscienti di questo i giapponesi, che hanno il senso degli affari, commercializzano una sorta di forma in silicone che inserita in una pentol ne limita la forma a quella necessaria.
Ve la mostro a titolo informativo, lascio a voli le considerazioni sulla questione.

 

La stuoia in bambu

Indispensabile per il sushi maki, consente di arrotolare il riso nell'alga nori in fogli compattandolo a dovere.

Senza si riesce lo stesso magari, ma con tanti di quei bitorzoli, e col rischio concreto di rompere l'alga.

Del resto è abbastanza facile da trovare anche con poca spesa nei negozi più forniti o nei supermercati che hanno un reparto per cibi etnici, o durante le promozioni sul cibo orientale.
Fa rabbia invece che nelle vendite on line, le spese di spedizione incidano per il doppio del costo della stuoia, che costa veramente pochissimo.

Se poi vi capita come è successo a me di decidere di comperarala proprio nel momento in cui sembra essere sparita dalla circolazione, magari quando avete già tutto pronto per una cena a base di sushi...

Avevo tanti stecchini in bambu per gli spiedini e un gomitolo di spago da cucina...
Mi sono distrutto le mani ma ne ho fatta una annodando gli stecchini, ha funzionato e resiste ancora.